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Il Kalevala. Introduzione all’epopea finno-careliana

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Che cos’è il Kalevala?

Una domanda apparentemente semplice, la cui risposta potrebbe risultare però molto complessa. Scrivere del Kalevala in maniera esaustiva richiederebbe una dissertazione decisamente più ampia di un breve articoletto. Questo si tratta pertanto di un tentativo di farvi comprendere l’importanza che questo testo ha rivestito, più di altre epopee al mondo, nella creazione identitaria del Paese, una breve introduzione all’epopea finlandese la cui storia s’intreccia anche a quella di Kuhmo.

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L’antefatto

Contesa per millenni fra Svezia e Russia, nella seconda metà del XVIII secolo la Finlandia inizia a covare un certo rancore nei confronti dei dominatori. Al tempo le lingue della cultura erano ancora lo svedese e il latino: il finlandese non godeva di nessuna considerazione. Ecco che alcuni fennomani iniziano a sollevare la questione dello status della lingua e della cultura finlandese, e nel XIX secolo, sulla scia del Romanticismo europeo che promuoveva la conoscenza delle origini come parte del risveglio nazionale e a fronte di una presenza russa sempre più forte, i finlandesi iniziano a prendere coscienza della propria identità linguistica e culturale. Si assiste a un nuovo interesse nel campo della tradizione popolare e diversi intellettuali si mettono in viaggio alla ricerca delle radici della “finlandesità”, raccogliendo prezioso materiale folcloristico.
Sebbene in Finlandia gli antichi canti (runot) stessero scomparendo, nella Carelia russa, e specialmente nella Carelia del Mar Bianco (o Carelia di Viena), erano ancora vivi data la sua posizione isolata e il tardo arrivo del cristianesimo; Zacharias Topelius “il vecchio” aprì la strada alla raccolta di poesie popolari in Carelia.

I runot

Il lettore italiano assocerà, come è naturale che sia, le parole “canti”, “canzoni” e “poesie popolari cantate” a qualcosa di familiare e, dunque, ai canti popolari italiani. ATTENZIONE, perché la tradizione canora balto-finnica e italiana sono molto diverse ed è bene fare tabula rasa di quello che consideriamo “canto popolare” prima di proseguire. Per facilitare il compito utilizzerò il nome originario: runo (o runot al plurale).
I runot sono composizioni poetiche di argomento vario, intonate in diverse situazioni, ad esempio come forma d’intrattenimento o per trasmettere precetti e informazioni. Spesso accompagnati dalla musica del kantele, strumento a corde posto sulle ginocchia, i runot sono caratterizzati da un ritmo monotono, ripetitivo (una sorta di pentacordo) che ne aiuta la memorizzazione: questi canti erano, infatti, trasmessi oralmente di generazione in generazione e, proprio per questo motivo, è difficile risalire a una Versione originaria (nonché al luogo di nascita del canto) perché la performance dipendeva dalla memoria e dalle capacità del cantore. Ecco dunque che si hanno molteplici versioni e varianti dello stesso runo.
Sappiamo che i runot epici più antichi sono quelli cosmogonici e quelli sciamanici, mentre quelli in cui appaiono figure e nomi cristiani sono più recenti. I runot epici e molti componimenti lirici sono caratterizzati dal cosiddetto metro kalevaliano o tetrametro trocaico sciolto, un verso di 8 sillabe e quattro piedi trocaici. Il ritmo è scandito dall’accento che in finlandese cade sempre sulla prima sillaba, dalla costante allitterazione, dalle rime finali dettate dalla struttura agglutinante della lingua finlandese e dal parallelismo che qui si esemplifica col ripetere nel verso successivo quello che si è appena detto ma con parole leggermente diverse.
Tutte queste caratteristiche erano atte ad aiutare la memorizzazione del runo che spesso poteva andare avanti anche per ore. Il linguaggio dei runot è molto complesso: arcaismi, dialettalismi, parole riempitive messe lì per motivi di ritmo, parole ambigue, metafore vaghe, ellissi, realia, ecc. In alcune aree la performance vedeva un cantore (runolaulaja, al pl. runolulajat) principale seduto davanti a un cantore secondario, a cui stringeva la mano: il primo cantava il primo verso e il secondo ripeteva il concetto con parole diverse (parallelismo), dando al primo il tempo di elaborare il verso successivo. La performance si basava sulla buona memoria del runolaulaja ma anche una buona dose d’improvvisazione, legata a creatività e padronanza linguistica, era fondamentale per essere un buon cantore.
A partire dalla seconda metà del XVIII secolo i ricercatori iniziarono a intervistare i cantori e a trascriverne i runot; essendo il finlandese e il careliano due lingue affini, i ricercatori finlandesi non ebbero grandi difficoltà a interagire con la popolazione careliana, sebbene i cantori cantassero in dialetto. Purtroppo solo più tardi i ricercatori iniziarono ad annotare nomi e sesso dei cantori, quindi per diversi runot non abbiamo informazioni di background. Molti dei runot utilizzati come base per il Kalevala furono trascritti proprio nella Carelia del Mar Bianco, ecco perché sarebbe più corretto parlare di epopea finno-careliana.

kalevala
“Kalevala, epopea finno-careliana”

Il Kalevala

Il giovane Elias Lönnrot (1802-1884) lavorava come medico a Kajaani (1833-1853), una cittadina che si trova a poco più di un’ora di macchina da Kuhmo, posto ottimale da cui partire alla ricerca di materiale folcloristico, la vera passione di Lönnrot. Durante i suoi viaggi di lavoro il giovane medico incitava il popolo a cantare e ne trascriveva il repertorio. Passò da Kuhmo ben 4 volte.
Anche lui aveva sentito che la Carelia era la “terra dei canti” e nel 1833 giunse per la prima volta nella Carelia del Mar Bianco e non rimase certo deluso. L’anno successivo incontrò a Latvajärvi il cantore Arhippa Perttunen che gli cantò oltre 4000 versi. Nella mente di Lönnrot iniziò a farsi largo l’idea di scrivere un poema sulla base del materiale raccolto: egli era convinto che in passato fosse esistita un’epopea andata perduta nel corso del tempo e credeva che i cantori se ne ricordassero dei frammenti. Decise di ricreare quest’epopea unendo diverse versioni, personaggi, episodi e dando alla narrazione un fils rouge. Dunque, sebbene il Kalevala affondi le radici nelle narrazioni popolari, si tratta comunque della creazione di Lönnrot, frutto del tempo in cui viene scritto.
La chiesa non vedeva di buon occhio la raccolta, e tantomeno la pubblicazione, dei canti pagani intrisi di sciamanesimo, la visione del mondo dei popoli ugrofinnici che, nonostante l’arrivo del cristianesimo, rimase sempre latente nella poesia e nel subconscio del popolo. Lönnrot, luterano, rispose con umorismo alle accuse della chiesa e giustificò il suo lavoro dicendo di voler descrivere il naturale sviluppo della storia umana partendo da un tempo mitico precristiano per arrivare alla vittoria del cristianesimo. Al tempo in cui i popoli europei ricercano le proprie radici culturali come strumento di coesione nazionale, la Finlandia necessita di una storia propria, un’età dell’oro che unisca tutti i finlandesi sotto la solita bandiera. Lönnrot gliela fornisce con quest’epopea che narra di una Finlandia mitica e dello scontro d’ispirazione omerica tra Kalevala, la Terra degli Eroi, e la buia e aspra Pohjola.
Nel 1835 appare il cosiddetto Vecchio Kalevala (Vanha Kalevala). La prefazione porta la data 28 febbraio che è diventato dal 1920 il giorno nazionale dedicato al Kalevala. Le poche copie andarono subito a ruba e nel 1849 apparse una versione ampliata e rivisitata, il Nuovo Kalevala, destinato a divenire il simbolo del popolo finlandese e il libro finlandese più tradotto al mondo. Nel Nuovo Kalevala Lönnrot colmò alcune lacune grazie al materiale apportatogli da altri ricercatori (come ad esempio D. E. D. Europaeus), cambiò posto ad alcuni episodi e inserì la storia di Kullervo, una delle vicende più rappresentate del Kalevala nonché fonte d’ispirazione per Tolkien.

Due Kaleva originali a confronto a Juminkeko: Vecchio Kalevala a sinistra, Nuovo Kaleva a destra.

Le conseguenze

L’epopea di Lönnrot riscuote subito un grande successo, sia in patria, sia all’estero, e diventa ben presto il simbolo dell’identità nazionale finlandese in un periodo in cui la questione identitaria è estremamente pressante.
Grazie al Kalevala la lingua finlandese s’innalza a lingua della cultura e sostituisce finalmente svedese e latino. Negli anni ‘90 dell’Ottocento, sulla scia dell’entusiasmo per il Kalevala, artisti e ricercatori si dirigono verso la Carelia di Viena alla ricerca d’ispirazione e di nuovo materiale folcloristico che corrobori l’idea della mitica età dell’oro espressa nell’epopea finno-careliana. In quegli anni si rafforza il Carelianismo, un movimento artistico che nasce in seno al Neoromanticismo nazionale e che vede la Carelia come una terra “primitiva” e selvaggia, in cui vecchi usi e costumi si sono mantenuti genuini, il luogo in cui cercare le origini del popolo finlandese.
Kuhmo, vicinissimo alla frontiera e geograficamente alla solita altezza della Carelia del Mar Bianco, diventa una tappa fondamentale sulla strada per la Carelia. Molti artisti pernottano a Kuhmo, altri comprano case e atelier in campagna e gli abitanti del posto fanno da guida ai ricercatori in Carelia. Tra le personalità più importanti che transitano per Kuhmo c’è anche il celebre pittore kalevaliano Akseli Gallen-Kallela (1865-1931) che a Rimpi, in provincia di Kuhmo, trova il modello per il suo Väinämöinen (un certo Uljaska di Rimpi). Qui vede anche un particolare tipo di barca su cui farà degli studi e che riutilizzerà in diversi suoi dipinti. Tra i personaggi più celebri passati da Kuhmo ci sono anche Paulaharju, Inha, Karjalainen, Blomstedt, Sucksdorff e lo scrittore Ilmari Kianto.
Il Kalevala oggi come allora continua a influenzare tutte le arti, dalla pittura alla letteratura, dal cinema alla musica. Anche se in forma di piccoli rimandi, la materia kalevaliana torna spessissimo nelle opere d’arte di qualsiasi genere. È praticamente impossibile non incappare nel Kalevala: luoghi e personaggi dell’epopea danno il nome a strade, paesi, uffici, aziende, quartieri e persone. Il Kalevala è una lettura obbligatoria a scuola e, un po’ come i nostri Manzoni o Dante, viene di solito apprezzato successivamente. Non credo che nessun’altra epopea al mondo abbia giocato un ruolo così importante nella storia linguistica e culturale di un Paese come il Kalevala, e credo che neppure la Divina Commedia, uno dei testi più significativi della letteratura italiana e più studiati al mondo, abbia avuto e continui ad avere in Italia la stessa diffusione capillare nell’arte e nella vita quotidiana del Kalevala in Finlandia.

Una delle più grandi collezioni al mondo di Kalevala, a Juminkeko. Il Nuovo Kalevala è stato tradotto in oltre 60 lingue ed esistono molteplici edizioni.
Il Kalevala è stato rivisitato in molti modi diversi e reso accessibile a un pubblico più ampio. In foto il simpatico fumetto di Marko Raassina che ho tradotto in italiano per Effigi

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Fonti e approfondimenti:

Foto e testi © Giulia Santelli